Gruppo Astrofili Arezzo | Astrofotografia con camere CCD
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Astrofotografia con camere CCD

Premessa

Osservare il cielo con un telescopio ? un’esperienza affascinante, il vedere quasi “a portata di mano” oggetti celesti lontani anche milioni di anni luce e nell’osservarli lasciare correre la fantasia ha qualcosa di magico e, nonostante la mentalit? scientifica che prevale nella maggior parte degli astrofili, credo che nessuno di noi si sia sottratto ad una simile esperienza.

Purtroppo terminata la sessione di osservazione tutto rimane nella nostra memoria, eccezionale esperienza ma difficile da trasmettere a chi non c’era.

Dalla volont? di far partecipi anche i nostri conoscenti di quello che abbiamo visto in cielo nasce la necessit? di registrare questa immagine anche se l’emozione rimarr? per sempre nostra ed intrasmittibile.

Per far questo in tempi recenti sono venute alla ribalta, e stanno progressivamente sostituendo le ancora valide ma divenute poco pratiche macchine fotografiche tradizionali, le camere CCD (Charge-Coupled Device).

Diciamo subito che il grandissimo svantaggio che hanno la camere CCD rispetto alle macchine fotografiche tradizionali ? il prezzo tuttora molto elevato, per contro esse sono il futuro (praticamente quasi nessun osservatorio lavora pi? con le “vecchie“ lastre fotografiche, tantomeno i telescopi orbitali e i sistemi di ripresa a bordo di satelliti ed astronavi varie) e quindi prima o poi bisogner? confrontarsi con esse. Probabilmente con un maggiore sviluppo i prezzi sono destinati a scendere… ma questo ? un altro argomento.

A fronte di questo svantaggio le camere CCD hanno moltissimi altri vantaggi e alla lunga sapranno farsi apprezzare anche da chi all’inizio avr? dovuto fare qualche sacrificio per acquistarla.

L’articolo che segue vuole volutamente essere estremamente semplice nel trattare di sfuggita le caratteristiche e le problematiche connesse all’impiego delle camere CCD (che come vedremo sono molte) lasciando ad eventuali articoli successivi un maggior approfondimento di ogni singolo argomento, in esso vedremo.

  • come funzionano,

  • quali sono gli errori a cui sono soggette,

  • come ovviare a questi errori,

  • la tecnica per scattare una fotografia,

  • come trattare la foto cos? ottenuta.

ASTROFOTOGRAFIA CON CAMERE CCD

(l’ABC e forse meno)

Un sensore CCD ? formato da una matrice di pixel che quando sono colpiti da un raggio di luce generano una corrente elettrica. Tutto qui.

Che cosa succede in seguito ? tutto un altro discorso. Come viene trattata questa corrente all’interno dei circuiti elettronici della camera determina le diverse tipologie di sensori (a noi per? basta sapere che alla fine ci verr? comunque restituita l’immagine tanto agognata) e che, ovviamente, maggiore ? la quantit? di pixel maggiore sar? la dimensione dell’immagine finale (e il prezzo iniziale!).

Altre caratteristiche principali del singolo pixel sono:

  • l’efficienza quantica: praticamente quanti elettroni genera il pixel quando ? colpito da un fotone (l’ideale sarebbe un fotone = un elettrone), in un certo senso si potrebbe anche definire la sensibilit? del pixel ad una determinata lunghezza d’onda,

  • la capacit? di carica: quale ? la massima carica di elettroni che pu? contenere.

Generalmente le matrici possono essere rettangolari o quadrate, cos? come i singoli pixel, aventi dimensioni dell’ordine di pochi micron, i quali all’occorrenza possono essere raggruppati elettronicamente in “sub matrici” allo scopo di aumentarne artificiosamente la sensibilit?, ma del binning (cos? si chiama questo processo) ne parleremo in un’altra occasione.

Esistono matrici in bianco e nero e matrici formate da un’alternanza di pixel sensibili ai tre colori fondamentali (rosso, verde, blu) che restituiscono immagini separate nei tre colori, da sommare successivamente per avere il colore finale, o che restituiscono un immagine a colori gi? elaborata.

Dopo aver acquisito queste minime conoscenze vediamo ora come scattare questa benedetta fotografia.

Per prima cosa in base alle caratteristiche del sensore CCD, della catena ottica e dell’oggetto da fotografare si determina il tempo di integrazione (cos? si definisce quello che una volta si chiamava “tempo di esposizione”).

Fortunatamente data la maggiore sensibilit? del sensore CCD rispetto alla pellicola tradizionale questi tempi sono molto pi? ridotti e frazionabili!!!

Ecco venire alla luce qui uno dei punti di forza dei sensori CCD: una foto con un tempo di integrazione di 10 minuti ? praticamente uguale alla somma di 10 foto con un tempo di integrazione di 1 minuto. Posso pertanto scattare foto con tempi brevi (riducendo il rischio che qualcosa vada storto nel frattempo) e scattarne in numero sovrabbondante scartando quelle con qualche difetto tenendo e sommando le migliori.

Fatto questo si pu? finalmente scattare la nostra foto e scaricarla sul computer (purtroppo il computer, con tutte le sue problematiche, ? un elemento irrinunciabile), vi aspettate di vedere un immagine tipo quelle di Hubble? Sbagliato!

Quella che avete davanti ai vostri occhi ? una vera schifezza! Che delusione!

Il problema ? che la nostra immagine ? affetta da molteplici errori e che molto probabilmente dovr? essere sommata ad altre immagini per ottenere la giusta esposizione, l’eliminazione degli errori e la somma sar? fatto in sede di post produzione con opportuni software.

Per ora limitiamoci ad analizzare quali possono essere questi errori.

Tralasciando quelli ovvi tipo errata messa fuoco, movimento ecc. gli errori principali sono tre, due dovuti alla natura elettronica del sensore e uno di natura ottica:

  • il bias,

  • il dark,

  • il flat.

Il bias ? dovuto al fatto che ogni circuito elettronico attraversato da una corrente genera un segnale di fondo, un disturbo non eliminabile.

Il dark dipende invece dalla caratteristica che hanno i pixel di generare elettroni in funzione della temperatura a cui lavorano: maggiore temperatura maggiore elettroni spuri generati nell’unit? di tempo. Questo vuol dire che, spinto all’eccesso, dopo un tempo sufficientemente lungo tutta l’immagine sar? formata da questi elettroni.

Per limitare questo problema tutte le camere CCD sono raffreddate (vari sono i sistemi).

Il flat ? dovuto a tutte quelle imperfezioni che si incontrano nella catena ottica composta da telescopio, eventuale riduttore di focale o lente di Barlow presente, filtri ecc. che si evidenziano sull’immagine come macchie generalmente circolari.

Per minimizzare gli effetti di questi errori i vari software presenti sul mercato ci danno un aiuto indispensabile, vediamo come.

Per il bias basta scattare un immagine a tempo di integrazione uguale a zero, quello che otteniamo ? l’immagine del segnale di fondo generato dalla circuiteria elettronica. Facciamolo e teniamolo da parte.

Per il dark scatteremo una serie di foto, tappando il nostro telescopio, con tempo di integrazione uguale a quello che useremo per le foto all’oggetto celeste e possibilmente alla stessa temperatura. La somma di queste foto ci dar? con buona approssimazione la mappa degli elettroni generati dal rumore termico. Anche queste teniamole da parte

Per quanto riguarda il flat moltissime sono le tecniche e le teorie su come ovviare a questo problema, ogni astroimager ha le sue convinzioni, fondamentalmente si tratta di scattare una serie di foto su uno sfondo il pi? uniforme possibile in modo che quello che risalta sono solo le macchie dovute alle imperfezioni della catena ottica.

A questo punto siamo pronti a mettere il tutto dentro il nostro programma preferito: le immagini scattate all’oggetto celeste, l’immagine del bias, quelle del dark e quelle del flat.

Il nostro programma provveder? lui a sommare le immagini, considerare gli errori e renderci la nostra immagine finale, questa volta bella e soddisfacente (se tutto ? andato per il verso giusto) alla quale mancher? probabilmente l’applicazione di qualche filtro, qualche piccola correzione per essere perfetta.

Molto probabilmente il software fornir? anche la possibilit? di correggere l’immagine di questi errori all’origine, gi? in fase di scatto ma io preferisco farlo in maniera separata per avere un maggior controllo sull’immagine stessa, ? un po’ pi? lungo ma ne vale la pena.

Questo ? tutto, innumerevoli sono gli argomenti non trattati e quelli che meriterebbero un maggior approfondimento, ne elenco solo alcuni:

  • corretto accoppiamento telescopio camera CCD in funzione delle loro caratteristiche,

  • determinazione del tempo di integrazione,

  • valutazione della saturazione del segnale,

  • tecniche fotografiche in funzione dell’oggetto da fotografare,

  • valutazione di una immagine in generale,

  • tecniche per ottenere il flat,

  • corretto focheggiamento usando i valori di picco e di ampiezza del segnale,

  • corretto impiego del software,

  • tecniche di fotoritocco e di gestione delle immagini a colori,

  • eventuali tecniche di astrometria e fotometria (questo ? un argomento interessante permesso dall’impiego dei sensori CCD),

Non vorrei aver spaventato quanti per la prima volta si avvicinano all’argomento, in realt? le difficolt? ci sono ma con la buona volont? e un po’ di pratica (altro vantaggio delle camere CCD: si pu? provare e riprovare all’infinito vedendo subito i risultati e a no-cost ) molte cose che ora sembrano complicate diventeranno semplici.

Stefano TREVISAN

stelucy3@interfree.it

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