Gruppo Astrofili Arezzo | Portable Power Pack (PoP?-Pack)
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Portable Power Pack (PoP?-Pack)

 

Portable Power Pack (PoP?-Pack)

per escursioni astrofiliache e non solo…

Carlo Palazzini (NGAA)

Va bene, ce ne sono tanti di gingilli pronti in Internet carini (e cari!), non ce nè un reale bisogno ecc. ecc., per cui saltiamo le pomposità e diciamo subito che rientra nei capricci e soddisfazioni personali… come tante altre debolezze umane …

Allora, si parte dal fatto che attrezzature dignitosissime entry level fermano la propria fornitura energetica al solito pacco portabatteria 8 mezzetorce, la qual cosa è assai dissennata come costo/beneficio, anche usandoci accumulatori NiMH (vista l’evoluzione della capacità, le stilo AAA sarebbero più convenienti). Ma se con 30-35  si compra un jump starter (o booster) con batteria SLA da 12V 17Ah, allora quasi quasi …1

Circa quanto segue, è bene chiarire che se non si è familiari con componenti e assemblaggi elettronici, meglio rinunciare al Do-It-Yourself e comprarselo: tra i generici, consiglio caldamente il Telwin 900, molto compatto e funzionale.

Mi sento inoltre in dovere di anticipare e sottolineare che:

  • la costruzione e la progettazione circuitale, ad uno sguardi attento, rivela alcune ingenuità, normalmente dovute a:

    • deliberato uso di componentistica classica (pluridecennale!) e diffusa (la cui maggior parte giaceva nei cassetti personali da decenni …),

    • obbligato frazionamento dei circuiti a causa dell’architettura del case;

    • prodotto deliberato ivi descritto = prototipo: ovvio che vi si accumulino tutte le tare, comprese quelle dovute all’uso di basetta preforata anzichè un più cristiano circuito stampato,

    • circuitazioni minimali e tese a ridurre al minimo l’assorbimento interno (ma si può fare di più),

    • errori veri e propri, dovuti alla vecchiaia e al lavorarci in modo estremamente frammentato (un paio d’ore la settimana diluite su sei mesi…);

  • la cosa interessa i principianti, non chi viaggia con specchi da 42” e gem 10Micron …

  • benchè tutto sia messo completamente e apertamente a disposizione, un po’ d’amor proprio nel fruitore dovrebbe spingere a non limitarsi pedissequamente al copia-incolla, bensì ad apportare valore aggiunto, se no che gusto c’è?

Detto ciò, riassumiamo le caratteristiche salienti del PoPoPack:

  • batteria SLA 12V 17Ah (booster originale);

  • caricabatteria da rete incorporato (controllato in corrente e tensione massima), cavo raccolto all’interno;

  • voltmetro digitale retroilluminato;

  • allarme acustico con tensione batteria inferiore a 11.5 V;

  • 3 uscite tipo accendisigari (canale A), con interruttore/digiunatore termico 3A;

  • 2 uscite tipo speakon (canale B), con interruttore/disgiuntore termico 3A (tensione di batteria e ridotta di 1.3V);

  • doppia torcia led array bianca/rossa (opzione in progress);

  • protezione generale di batteria con disgiuntore termico bimetallico 10A auto-ripristinante (booster originale);

  • indicazioni tramite LED di: carica in corso, carica OK, master ON, Ch A ON, Ch B ON.

Per il contenitore, che deve essere portabile (robusto, leggero, stabile, senza spigoli …), ritengo che l’ideale sarebbe un case a parallelepipedo e finiture mobility, tipo le saldatrici elettroniche hobbistiche. Purtroppo non sono riuscito a trovarne in commercio e comprare una saldatrice per poi buttare la polpa e usare la buccia …magari qualcuno ne può trovare di guaste a due centesimi (tanto chi le ripara?). La forma regolare avrebbe enormemente semplificato la circuitazione e l’assemblaggio.

Il primo approccio circuitale ? stato la sintesi del caricabatteria 3, che usa l’integrato L200 (alternative convenienti anche con l’intramontabile LM317). L’integrato ha ovviamente il compito di limitare la corrente massima di carica (fase di carica a corrente costante) e successivamente la tensione (fase finale a tensione costante). Per l’uso contestuale, le sacre scritture raccomandano di non superare – in ampere – il valore di 1/10 della capacità (nel nostro caso, 1.7A) e 14.8V. Le tarature utilizzate da PoPoPack sono leggermente più conservative (1.3A, 14.5V, quest’ultima aggiustabile via trimmer R9). Il ponte raddrizzatore ? stato esageratamente sovradimensionato solo per poterne sfruttare le connessioni faston.Un’ora dopo essere stato acquistato, il booster era già sotto esame tecnico per stabilire come poteva essere nuovamente farcito e cosa si poteva riciclare 2. Ho ritenuto conveniente riutilizzare l’interruttore principale (SW1), del tipo rotante con molla antagonista (per un rapido abbattimento di arco voltaico in caso di apertura sotto forti correnti) e il disgiuntore bimetallico di sicurezza (F1), tarato sui 10A e originariamente preposto a salvaguardare da cortocircuiti sulla presa accendisigari posta sul fianco.

Passo successivo, il monitor di bassa tensione 4 (LowBatt Monitor). Questo ha la funzione di avvertire (nel caso specifico con un insistente beep-beep) che la tensione di batteria ? scesa sotto gli 11.5V circa e che andando oltre la batteria stessa potrebbe indispettirsi. Le SLA (Sealed Lead Acid, ovvero al piombo ermetiche/gel) sono un po’ permalose. Un po’ anche per vezzosit?, lo stato della ricarica viene evidenziato da due LED: rosso = carica in corso; verde = OK, pu? andare. Il tutto si basa su U5, usato come comparatore di tensione. Le bislacche composizioni resistive che compaiono sullo schema sono dovute ad aggiustamenti successivi e problemi di layout sulla preforata, quindi prendete il succo e non il dettaglio.A proposito, si noti il largo uso di connettori (riciclati, rediduati ecc.) per permettere in ogni istante interventi indolori di aggiornamento o manutenzione. Non ne avrebbe strettamente bisogno, ma gli spazi angusti, la scarsa circolazione d’aria e la non disponibilità di un miglior dissipatore per U3, oltrechè un secondario libero del trasformatore, mi hanno spinto a metterci una ventolina a 12V (3? alle fiere) volutamente sottopilotata a 9V da U9, tanto basta e avanza.

Come architettare l’interno e riciclare la meccanica del booster ha comportato diverse ore di contemplazione e immaginazione mentale. La forma notevolmente irregolare, il materiale non di primissima qualità e amenit? del genere hanno limitato le possibilità e reso più seccante la lavorazione (ovvio sottinteso: con la dotazione di utensileria posseduta, che non ? granch? ma comunque nella media; certo, una fresa verticale CNC e tornio idem farebbero comodo…).

I due interruttori SW2 e SW3 sono un po’ particolari. Trovati per pochi spiccioli in fiera, sono anche dei protettori da sovracorrente (breaker). In caso, sono sostituibili con normali interruttori magari con l’aggiunta di protezioni separate (fusibili, disgiuntori …) intorno ai 2-3A. Meglio abbondare con le protezioni: un eventuale corto, tra l’altro, può ledere non poco la batteria.Assieme al frantumato piazzamento interno delle parti, una menzione di ingrato compito spetta alla progettazione del nuovo pannello comandi, in quanto notevolmente vincolata dalle dimensioni dei dispositivi, dalla delicatezza di alcuni di questi (es. il DVM, alias voltmetro digitale) e dall’ingombro dei relativi cablaggi .

La sezione dorsale  ? stata abbastanza stipata di frattaglie varie. Lo sportellino originariamente concepito per raccogliere il tubo del compressore raccoglie ora il cavo di rete del caricabatteria  (per inciso: cavo degli anni settanta ex rasoio elettrico … flessibilissimo! Anche l’interruttore luminoso SW6 ? riciclato da qualche elettrodomestico).Tutte le parti sottoposte a tensione sono state isolate con termoretrattile o comunque rese inaccessibili.Due parole sui connettori Speakon (by Neutrik) usate nel canale B. Economiche e affidabili (fino a 30A!), con un dolce scatto a baionetta e contatti nascosti, l’unica stonatura ? la dimensione un po’ generosa, specialmente rispetto al cavo utilizzatore (tagliato via dal pacco batterie d’origine del kit motorizzazione). Eventuali alternative: connettori microfonici, disponibili anche con collare di blocco. Nel contesto, si ? fatto uso della versione quadripolare, in modo che si possa prelevare sia la tensione di batteria sia quest’ultima diminuita di circa 1.3V mediante le coppie di diodi D6-7, D8-9. Diversi forum, infatti, riportavano che gli storici controller Vixen GP e simili mal tolleravano tensioni superiori ai 12V (una batteria bella carica raggiunge anche i 14), ergo …

Tanto per scialare, alla presa accendisigari già presente sul fianco (brutta!), ? stata aggiunta una gobba dorsale con ulteriori due prese (brutta ma funzionale).

Della serie “tanto che ci siamo…”, ? stata predisposta anche la sede per una torcia a due sezioni LED, proveniente anch’essa dall’area Setteponti (9.90?). A che serve? Boh! Forse perchè davanti era un po’ spoglio …Per ora ? solo predisposta, in attesa che trovi il tempo di sostituire gli stampati e i LED, e questo per due motivi:Un certo discorso merita il DVM (Digital Voltmeter, o anche DPM, Digital Panel Meter). Alle fiere di elettronica ormai si trovano a 5? e la loro accuratezza e precisione, per quanto ridicola come strumento di precisione, ? comunque pi? che adeguata allo scopo. Sicuramente meglio del dondolante strumento a ferro mobile d’origine. E poi fa molta scena … anche se la retroilluminazione costa una cinquantina di mA. Comunque, un sicuro scoglio da superare ? il fatto che tale classe di strumenti, dovendo avere isolati tra loro i terminali di alimentazione e di ingresso, non possono auto-misurasi la propria tensione di alimentazione. Ma ecco il colpo di genio: riflettere la tensione di alimentazione in modo galvanicamente isolato da questa (U2A come inseguitore di tensione) e – tanto che ci siamo – ridurla in modo appropriato secondo la scala di ingresso del DVM (le 4 resistenze a bassa tolleranza attorno a U2B). Doveroso dire che il brillante circuitino ? stato riadattato ma la concezione non ? del mio sacco (by Tom Wheeler).

  • vorrei che la sezione “quadrata” (illuminazione diffusa) fosse con LED rossi (per i noti motivi), lasciando bianca la sezione rotonda (funzione area clearing);

  • in origine, la torcia era alimentata a 6V, il che ha costretto a pilotare i LED tutti in parallelo (i LED bianchi hanno bisogno di almeno 3.5V); avendo ora a disposizione 12V, ? molto pi? parsimonioso alimentare gruppi di 3 LED in serie, riducendo quindi a 1/3 il fabbisogno di corrente).

Ecco perch? ho intenzione di rifare tutto (una decina di euri di LED).

Recentemente (aprile 2008) il primo vagito  . Nessun problema e tutto OK (“E capirai che sforzo!” dir? qualcuno). L’unica cosa da verificare ? la bont? della batteria. Se andate a chiedere, il prezzo di una batteria SLA 17Ah parte da più di quanto pagato per l’intero booster! ? da attendersi che la qualit? non sia poi esagerata, ma se adempie al bisogno ….

Apropos: qualsiasi sia l’autarchica fonte energetica, tenete presente che il jack coassiale adottato dalle motorizzazioni della classe di montature compresa tra Synta EQ5 e Vixen GP ? spesso apparentemente identico nella meccanica ma attenzione alle polarit? e alle max tensioni digeribili

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