Gruppo Astrofili Arezzo | QUANDO UNA STELLA MUORE, “De Stella Nova”
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QUANDO UNA STELLA MUORE, “De Stella Nova”

Ad ottobre 2019 si parlò molto di Betelgeuse, la supergigante rossa della costellazione di Orione, uno dei vertici dell’asterismo del Triangolo invernale. Se ne parlò perché fu osservata una diminuzione di magnitudine, evento che potrebbe precedere l’esplosione della stella in Supernova, evento spettacolare a cui tutti noi vorremmo sicuramente assistere! Betelgeuse non è esplosa, quindi dobbiamo avere ancora un po’ di pazienza.

UNA STELLA NASCE, CRESCE, MUORE

A partire dalla sua formazione dalla nube di gas e polveri che compone la nebulosa, una stella può avere diversi tipi di evoluzione, in base alle sue dimensioni originarie e ad altri fattori. Una di queste possibili evoluzioni porta alla formazione di una Supernova, che rappresenta la morte di una stella e la nascita della vita.

Una supergigante rossa, come tutte le altre stelle, è alimentata e sostenuta dalla fusione nucleare, che procede generando tutti gli elementi della tavola periodica, fino al momento in cui arriva alla produzione del ferro. A questo punto l’energia necessaria alla fusione del ferro è maggiore di quella prodotta dalla fusione stessa, e alla stella manca il supporto, l’energia per sostenersi, per poter contrastare la forza gravitazionale.

La stella comincia a raffreddarsi, il nucleo è schiacciato, la densità aumenta, fino a collassare su stessa schiacciata dalla gravità. A questo punto il nucleo si riscalda in poco tempo e la fusione produce un’enorme quantità di energia. Si genera un evento estremamente potente, appunto la sua esplosione, che libera un’enorme quantità di energia. Nasce una Supernova, un oggetto estremamente brillante, tanto da poter essere visto ad occhio nudo anche durante il dì, per più giorni. Un evento davvero devastante, ma di vitale importanza per l’evoluzione dell’Universo. È proprio in questo momento che si formano tutti gli elementi della tavola periodica, la fusione nucleare, alimentata dalla potenza ed energia dell’esplosione, produce tutti i restanti elementi, che si diffondono nello spazio. Questi atomi, queste molecole vanno poi a riaggregarsi e a formare nuove stelle e pianeti ed anche noi esseri umani, i nostri atomi. Come diceva Margherita Hack “noi stessi siamo fatti di stelle”.

Quello che ne resta è una nube di gas polveri, il resto di una Supernova.

Le Supernove vengono nominate con la sigla SN seguita dall’anno dell’apparizione, seguite da una lettera dell’alfabeto nel caso nello stesso anno ce ne siano più di una. Vengono classificate in Tipo I o Tipo II in base alla presenza o assenza di idrogeno nel loro spettro di emissione.

UNO SGUARDO AL PASSATO

Betelgeuse non è esplosa, non ancora, forse le ci vorrà ancora qualche centinaio di migliaia di anni. Oggi però possiamo ancora osservare i resti, l’eco delle esplosioni di Supernove del passato.

Sono otto le Supernove storiche, quelle di cui abbiamo riscontro scritto di osservazione diretta.

La prima Supernova di cui abbiamo menzione scritta è SN 185, osservata e descritta sia dagli astronomi cinesi che romani, esplosa nella costellazione del Centauro e rimasta visibile per diversi mesi. Abbiamo poi SN 1006 nella costellazione del Lupo, visibile in Europa, Nord Africa e Asia, ne abbiamo menzione sia in cronache arabe, che cinesi, che europee, sembra fosse visibile anche di giorno.

SN 1054 è menzionata dai Nativi Americani, e le cronache arabe riportano che fu vista durante il giorno per 23 giorni, si trova nel Toro. SN 1181 nella costellazione di Cassiopea è citata in otto testi cinesi e giapponesi. Arriviamo a quelle più famose e più recenti. SN 1572 fu osservata da Tycho Brahe, e ne porta il nome. Si trova nella costellazione di Cassiopea ed è stata visibile ad occhio nudo per oltre un anno. SN 1604 nell’Ofiuco è chiamata Supernova di Keplero perché fu l’astronomo tedesco a descriverla per primo.

L’osservazione di queste due ultime Supernove portò molto fermento in ambito scientifico e non solo, in un momento in cui le nuove teorie eliocentriche stavano soppiantando la vecchia visione del mondo e dell’Universo aristotelico-tolemaica. Il veder apparire in cielo una stella nuova era sicuramente spiazzante e metteva fortemente in discussione la visione di un Universo immutabile.

SN 1885A nella Galassia di Andromeda, fu appena visibile ad occhio nudo. L’ultima, la più recente, è SN 1987A nella Grande Nube di Magellano, la Supernova esplosa più vicino alla Terra dall’invenzione del Telescopio.

UNO SGUARDO AL PRESENTE

Abbiamo visto come le esplosioni di Supernove lascino traccia, lasciano diverse tracce in realtà, osservabili con i telescopi, oppure il loro eco è rintracciabile con i radiotelescopi. Fisici ed astrofisici scandagliano quotidianamente il profondo cielo, e riescono a trovare queste tracce e ricollegarle alle esplosioni di Supernove documentate, o ad esplosioni non documentate ma arrivate in qualche modo sino a noi.

Prendiamo SN 1006, quello che resta fu osservato nel 1965, una nebulosa presso la stella Beta Lupi e nel 1976 ne vennero evidenziati i raggi X, si suppone che al centro ci sia un buco nero come resto dell’esplosione, ma non è stato ancora osservato.

La celebre Nebulosa Granchio è il resto di SN 1054, visibile anche con binocolo o un telescopio amatoriale, uno dei soggetti privilegiati dagli astrofotografi, sicuramente di gran fascino. Al centro si trova una pulsar scoperta nel 1968 che ruota alla velocità di 30 giri al secondo.

Nebulosa Granchio, resto di SN 1054 – Image credit: Lorenzo Sestini

La Supernova di Tycho è stata riscoperta, 400 anni dopo, nel 1952, quando i radiotelescopi hanno catturato le lunghezze d’onda di quello che ne resta. Per la Supernova di Keplero le ricerche sono arrivate a formulare la possibilità che si sia trattato dell’esplosione di un sistema binario di stelle, in cui la nana bianca con massa maggiore, una volta esaurito il suo carburante, abbia letteralmente risucchiato parte della compagna, per poi esplodere con enorme potenza. La nube di gas, oggi osservabile, si sta espandendo alla velocità di 2000 chilometri al secondo.

Resto di SN 1604, Supernova di Keplero – Image credit: NASA

La Supernova più recente osservata, SN 1987A, poco prima di manifestarsi con la sua apparizione in cielo, fu preceduta tre ore prima da un flusso di neutrini rilevati da tre rilevatori. È stata la prima Supernova dell’era tecnologica moderna a poter essere osservata, studiata e misurata.

Ci sono poi molti resti di Supernove che possono essere osservati, è stato stimato che nella nostra galassia ne esplode una ogni 30-50 anni, non sempre visibili ad occhio nudo ovviamente, ed altre ne esplodono al di fuori della Via Lattea.

Un oggetto particolare si trova nel nostro centro galattico, è Sagittarius A, una radiosorgente, dove si ipotizza possa esserci il buco nero supermassiccio, SgrA*, intorno a cui tutto ruota. Qui troviamo anche Sagittarius OvestA una mini spirale e poi Sagittarius EstA che sembra essere il resto di un’esplosione di Supernova la cui luce è arrivata sulla Terra dai 20.000 ai 100.000 anni fa, avvenuta ad una distanza di 25 anni luce.

Sagittarius A – Image credit: NASA

UNO SGUARDO AL FUTURO

Lo studio delle Supernovae è molto importante perché ci offrono molti dati, peculiari e particolari, per poter studiare e capire le distanze nell’Universo e come si muove, soprattutto attraverso lo studio dello spettro di emissione.

Vengono fatti esperimenti per riuscire a captare il flusso di neutrini che dovrebbe colpire la Terra prima dell’esplosione, per poter poi puntare i telescopi ed osservare “in diretta” l’esplosione della Supernova, ancor prima di poter essere vista. Questo permette di poter raccogliere una quantità di dati enorme, utili e necessari per ampliare la nostra conoscenza dei meccanismi dell’Universo.

Nell’estate 2020 un gruppo di astronomi dell’Osservatorio di Haleakala hanno osservato e monitorato una supergigante rossa per più di 4 mesi, fino ad arrivare ad osservare il momento della sua esplosione in Supernova, SN 2020tlf. Contrariamente a quello che era sempre stato pensato sugli ultimi momenti di vita di una stella, ovvero che ci fosse uno stato di quiescenza, in questa occasione è stato possibile osservare un aumento della sua luminosità dovuta ad un’intensa attività all’interno della stella. Questa è stata la prima volta che studiosi hanno potuto osservare dal vivo l’esplosione.

 

Quante sorprese ci regala il nostro Universo, quanta bellezza si svela ai nostri occhi, grazie alle capacità dell’uomo, alla sua voglia di continuare a cercare, ricercare, scoprire…e stupirci!

Benedetta Donati

 

Fonte: Media INAF

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Mika
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